BLADE RUNNER DIETRO L’ANGOLO? I bioeticisti: Parliamone di più

Lunedì 9 aprile, si è svolto  presso la sala di S. Maria delle Grazie di Mestre, il terzo incontro del percorso di formazione proposto quest’anno alla città di Mestre dalla comunità di venezia del Movimento dei Focolari in collaborazione con la Fondazione del Duomo di San Lorenzo, si è parlato di potenziamento dell’uomo, eugenetica, transumanesimo e immortalità.

Il primo appuntamento ha avuto luogo il 10 novembre, in quella occasione, abbiamo affrontato il delicato tema del fine vita.

Il secondo appuntamento si è svolto il 15 marzo al Laurentianum, in occasione del decimo anniversario dalla scomparsa di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei focolari; abbiamo approfondito uno dei tanti aspetti che hanno caratterizzato la sua esperienza carismatica ovvero il suo essere donna del dialogo in particolare nell’ambito interreligioso e interculturale.

L’argomento del terzo incontro, di cui forse si sente ancora parlare poco ma che è di estrema attualità e lo diventerà sempre di più, e che ci interpella sia come cittadini che come cristiani: il transumanesimo.

Anche uno dei replicanti di “Blade Runner” si ribella allo scienziato che lo aveva creato, con una data di scadenza, e invoca: «Io voglio più vita». Un grido che mescola e confonde umanità e tecnologia. Che esprime il desiderio di una vita che superi finalmente i limiti e vada oltre.

Sempre più oltre, perché alla fine non basta mai e il modello di perfezione non è più un semplice uomo – per quanto “sapiens” – ma qualcuno ed anzi qualcosa di più: un uomo potenziato da tecnologie sofisticate continuamente in progresso, una macchina umana che cerca sempre di superarsi, verso confini ulteriori e inesplorati. È iniziato con un paio di suggestivi frammenti del famoso film uscito nel lontano 1982, ma ambientato in una cupa Los Angeles del 2019, l’incontro svoltosi lunedì scorso a Mestre sul tema “Ho visto cose che voi umani… Potenziamento dell’uomo, eugenetica e transumanesimo: può l’uomo aspirare all’immortalità?”, voluto e organizzato dal Movimento dei Focolari di Venezia e dalla Fondazione del Duomo di Mestre.

Lesperta in bioetica Veronica Zanini rilegge – alla luce di correnti culturali e filosofiche come il transumanesimo (che punta ad andare oltre e al di là dell’uomo) – immagini e parole del film.

Ne sottolinea anche i riferimenti biblici e i termini religiosi presenti, dallo scienziato paragonato ad un “padre creatore” fino al cenno che chiama in causa il “figliol prodigo”. L’intreccio tra creatore e creature però si complica e la situazione diventa difficilmente gestibile se e quando la tecnica non è più solo strumento importantissimo ma diventa fine. E l’uomo passa da soggetto ad oggetto. Temi e questioni non semplici ma di un’attualità inaspettata e bruciante (di recente se n’è occupata, con un’ampia inchiesta, anche la trasmissione “Report” di Raitre).

Possibili esemplificazioni? Ecco intelligenze artificiali, protesi e arti bionici, chip sottopelle per gli utilizzi più vari, interfaccia tra computer, internet e cervello umano, doping e uso di sostanze potenzianti, clonazione e selezione degli embrioni dei nuovi nati in base a specifiche e volute caratteristiche genetiche. Implicazioni e interrogativi di natura etica non mancano, soprattutto quando comincia ad emergere – e tende ad imperare – “il regno dell’ibrido e dell’artificiale” in cui la differenza tra cose e persone (sempre più individui e sempre meno in relazione) va sfumandosi.

Con Daniela Turato – biologa, teologa e bioeticista – si approfondiscono senso, obiettivi e modalità concrete di teorie e pratiche del “potenziamento” (in bioetica si parla di “enhancement”) che non hanno carattere terapeutico ma tendono a rendere l’uomo “migliore”, più longevo, forte, brillante e bello e, alla fine, (forse) più felice. Ma dove finiscono i potenziali benefici e cominciano i rischi di tali processi? Che significa “benessere”? Geni ed embrioni “migliori” generano una vita “migliore”? Emergono pure interrogativi di giustizia sociale, a causa delle disparità già esistenti e che si presume crescenti perché non tutti potrebbero avvalersi di tali tecnologie, con la conseguente creazione di nuovi ricchi (più sani e potenziati) e nuovi (o vecchi) poveri “genetici”.

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Rimbalzano alla fine, e di nuovo, domande forti e sostanziali. Ciò che è tecnicamente possibile è anche sempre lecito sul piano etico?

Che cosa rende davvero la vita “buona” e “migliore”?

E che cos’è l’uomo, non fatto solo di geni?

La sapienza di san Paolo risponderebbe: «Tutto mi è lecito. Sì, ma non tutto giova. Tutto mi è lecito. Sì, ma non mi lascerò dominare da nulla».

Perché il rischio vero – conclude Turato – è «perdere di vista l’homo sapiens, cioè la sapienza del cuore e il discernimento, e cessare di essere umani».

Alessandro Polet

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