C’E UNA RACCOMANDATA DA FIRMARE…

Sto pranzando e suonano alla porta: “c’è una raccomandata da firmare” dice una voce femminile al citofono.  Apro e con sorpresa mi trovo davanti la postina di tanto tempo fa.  Solitamente ci scambiavamo qualche battuta, giusto per rallegrare la giornata, tranne l’ultima volta, tanto tempo fa,  quando involontariamente l’avevo ferita.

Avrei voluto rimediare a quella situazione ma da allora non la vidi più. Ricordo di averle consigliato un po’ di riposo dal lavoro per affrontare meglio una maternità. “Sto bene così…” mi disse freddamente “ …e per volersi bene non è indispensabile un figlio”.

Mentre firmo le esprimo la mia gradita sorpresa nel rivederla e da qualche battuta si passa ad un dialogo profondo. Mi racconta cose molto personali circa un’adozione di qualche anno fa e l’impegno che questa cosa comporta come mamma. Cerco di allontanare tutti i miei pensieri per farle spazio nella mia anima e per un paio d’ore, fermo, in piedi l’ascolto.

Nel lasciarci mi complimento per la sua scelta di maternità e le dico di portare questo messaggio al figlio al momento opportuno. “La sua mamma biologica gli ha voluto bene permettendogli di venire alla luce, ma non si sentiva in grado di farlo crescere. Non l’ha scartato, come il figlio pensa, altrimenti l’avrebbe gettato nel cassonetto. Invece portandolo all’orfanatrofio gli ha dato la possibilità di trovare una famiglia che lo accompagnasse nel cammino della vita.”  Colpita da queste mie parole “nessun assistente sociale” mi dice “mi ha saputo dare questa visione. Con lei mi sono sentita a mio agio e compresa.”

Riavvia il motorino e se ne va felicissima. Fatico a rientrare in casa: sento le gambe bloccate e anche la mano con la lettera fra le dita. Provo dentro di me una grande serenità per aver lasciato “vivere la parola” in me unita alla gioia di aver rinsaldato un rapporto.