Convegno: NESSUNO SOLO – Appassionati del sociale

Convegno: “Nessuno solo” – Appassionati del sociale
Casa per ferie Seraphicum, Via Serafico 1 – Roma
Metro Laurentina capolinea
GRA uscita 25
Roma 1-3 febbraio 2019
Per maggior informazioni: umanitanuova.italia@gmail.com 

Per le iscrizioni, compilare questo MODULO

 

“Non siamo in un’epoca di cambiamento, ma in un cambiamento d’epoca”.

Tale passaggio del discorso di Papa Francesco a Loppiano a maggio 2018, può essere il punto di partenza della nostra riflessione sulla realtà sociale.
Se guardiamo al mondo intorno a noi, con le relazioni che intercorrono fra singoli, famiglie e gruppi, possiamo riferire che la nostra quotidianità è profondamente cambiata negli ultimi 20 anni, e velocissimamente negli ultimi 10, e non poco per effetto dell’impatto della tecnologia sulle nostre relazioni, con le sue potenzialità smisurate di connetterci. Mediamente si passa più tempo in relazioni virtuali che in relazioni reali, in un crescendo di autismo e narcisismo. Soggiogati alle opportunità e alla velocità delle macchine, cresce la minaccia di una nuova marginalità: chi non tiene il ritmo o non è “on line” è fuori. L’essere umano vive così un paradosso: ritenere che tutto è possibile e a portata di mano e nello stesso tempo sperimentarsi insicuro e impaurito. Il corpo, la natura stessa, e il tempo si dissolvono e con essi ciò che è specificamente umano: l’esperienza dell’incontro autentico con l’altro, l’esperienza del limite.
Anche per quanto riguarda la lettura della stratificazione sociale in rapporto all’accesso alle risorse, sono in atto mutamenti che vedono crescere, accanto alle fasce tradizionalmente marginali e alle famiglie povere immigrate, un “ceto medio impoverito” che – laddove si possono disporre dati recenti, che tengono in considerazione non solo il reddito, ma anche la precarietà lavorativa, l’indebitamento e i disturbi psichici – può essere quantificato nel 30% della popolazione. E’ importante considerare questo fenomeno di impoverimento con fattori di tipo materiale e immateriale, per l’evaporazione delle reti sociali e familiari, in un clima culturale bulimico che induce a non voler rinunciare ad alcuna opportunità e nel diffuso risentimento anti-istituzionale. Occorrerà riprendere le misure della propria città, con le sue drammatiche e feconde periferie, per comprendere cosa sia oggi la povertà.
Il welfare tradizionale, i cui servizi sono calibrati per un numero di poveri non superiore al 5% per di più con dotazioni finanziarie in calo, ne è messo in crisi al pari della democrazia. La nuova vulnerabilità è emersa alla coscienza collettiva dopo la crisi del 2008 e rischia di essere percepita solo nei suoi elementi economico-monetari (“non si arriva a fine mese”) lasciando in ombra il venir meno dei legami sociali che ne è all’origine. Anche il volontariato e l’associazionismo tradizionali sono attraversati da un processo di lento, ma inesorabile declino, senza che ovviamente ne venga meno l’indispensabile funzione sociale. Occorre pensare ad iniziative che coinvolgano il 100% dei cittadini: un welfare di comunità, per tutti con la collaborazione di tutti. La comunità locale sa riconoscere e farsi carico di questa diffusa nuova povertà che l’attraversa, cambiando paradigma per guardare alla comune esperienza di fragilità la condizione esistenziale da cui ripartire.
A prestare attenzione alle molteplici manifestazioni del sociale, non è raro scoprire gente creativa, capace di gesti senza tornaconto, di impegno esemplare a mantenere vivi i legami sociali nei quartieri o nei gruppi. Agire agapico viene definito questo tipo di amore che unisce: lo si ritrova e lo si studia anche nell’economia civile e nella cittadinanza attiva per la tutela dei beni comuni. Vorremmo dare rappresentazione e spazio sufficiente a questa socialità del “noi” per cercare di leggere, descrivere e interpretare la ricchezza di molte pratiche – laboratori di comunità – che lasciano intravedere forme inattese di benessere comunitario. “Restare umani” ne è l’imperativo: solo nella vicinanza fisica dei corpi in relazioni faccia a faccia, in un nuovo sguardo e ascolto dell’altro, nella scelta di tempi distesi e conviviali contro le pressioni di una società tendenzialmente orwelliana, si abbassa la paura dell’altro e si ri costruisce quel “con-senso” che rivitalizza – con il welfare – la democrazia.