SOLITUDINE E VICINANZA NEL FINE VITA 1 – le lacrime di Franco
Andare oltre il livello accademico, toccare le condizioni che coinvolgono la quotidianità delle persone in modi e situazioni diverse Trovarsi coinvolti in scelte e orientamenti molto impegnativi. L’esperienza dello “stare accanto” e della “comunità dei curanti”
La mia esperienza di lavoro si svolge come coordinatore del personale in una residenza sanitaria assistenziale e cercherò di utilizzare una forma narrativa ed esperienziale per condividere alcune suggestioni e situazioni dello “stare accanto” nei difficili giorni del fine vita.
Racconterò alcuni episodi e di come sono stati vissuti i “passaggi “, come li ho vissuti personalmente e tentar di dare delle modalità di approccio incentrate sulla “comunità dei curanti” come paradigma della fine vita.
Chiamerò questo episodio: Le lacrime di Franco
Chi era Franco? Un signore di una età ancor giovane Commercialista nella sua vita professionale. Vive il lutto di una moglie scomparsa prematuramente per una malattia oncologica grave.
È colpito da un parkinsonismo ingravescente. È lucido. È campione di bridge, lo gioca quotidianamente con tablet. ha un figlio e una sorella che si occupano di lui. Il figlio, nelle sue confidenze, lo fa non poco tribolare. Ancora non vede in lui nonostante l’età certezze di una vita sentimentale e professionale.
Il figlio è una figura presente, molto angosciato per ogni piccola variazione del padre. Franco ha tratti di personalità ancora giovanili. Nel corso della sua permanenza incontra la più terribile delle complicanze della malattia parkinsoniana: la difficoltà ad alimentarsi. Per rassicurare i familiari e lui stesso iniziano le indagini specialistiche. È una situazione conclamata! Non si arrende È coriaceo. Vuole alimentarsi solo con cibi normali, piuttosto aziona un rifiuto totale.
Mi assumo la responsabilità (che non posso pretendere dagli altri operatori) di alimentarlo con cibi saporiti e ancora non triturati. Solo così si alimenta! Arriva il momento della cosiddetta “pianificazione delle cure”. Con lui il figlio e la sorella si affronta il futuro, le opportunità e le complicanze possibili. È ancora in una situazione in cui è adeguato e proporzionale proporre la possibilità di una PEG. Nasce il suo grande travaglio di scegliere. È un No. Cede verso un NI con l’insistenza della sorella. Diventa un SI (serviva il suo consenso informato) con però un retropensiero: vedeva avvicinarsi qualcosa di irreversibile, la irreversibilità.
Avvio il percorso per la pratica clinica. Lui però coriaceo si oppone alla alimentazione e dobbiamo intervenire con le vie parenterali. Cede la parola. Cominciano gli accompagnamenti dei familiari procrastinando la permanenza vicino a lui. Le febbri non recedono, la parola è sempre più incerta: avviamo la terapia palliativa. Rimane ore ed ore con la TV una sua grande compagnia.
Si indebolisce il respiro ed ho la possibilità di esser li vicino a lui e ai familiari convocati fino all’ultimo respiro. In una situazione di torpore, con le voci attorno che lo rassicurano, vediamo scendere delle lacrime. Hanno avuto un significato speciale: sembravano la conferma di una consegna all’ALTROVE. Ha commosso e segnato i familiari e la comunità dei curanti che questa era una consegna ….
Luciano Sguotti – Parrocchia Sant’Antonio Dottore Arcella di Padova
Seguiranno altre esperienze nei prossimi giorni