SOLITUDINE E VICINANZA NEL FINE VITA 3 -La gratitudine di Biagio
Con questa terza esperienza si concule il cilo iniziato il 27 aprile
Biagio è un graduato dell’esercito. Arriva in RSA da perfetto “wandering” (vagabondo): traffica, gira e rigira per tutte le stanze. Istiga gli altri ospiti: I suoi movimenti sono totalmente disarticolati. Usa il telefono e, sentendosi ancora in una situazione simil caserma, impartisce ordini: Risponde molto volentieri e con occhi sgranati quando lo chiamano “generale”. Vorrebbe con sé il telefono 24 ore al giorno per consentirgli di restare nella sua funzione di comando. La moglie e le figlie lo assecondano pur vedendo la notevole progressione del suo deterioramento cognitivo: rappresentano dei “caregiver consapevoli”. La postura da comando e chi pronuncia ordini rimane a lungo. La famiglia è affiatata e al suo “vagabondare”; inseriscono continui accompagnamenti esterni. È una situazione stressante.
Inizia il suo declino, le alterazioni comportamentali portano però l’organismo a lasciar spazio a sempre più residue capacità. Inizia il suo declino a scalini: la moglie con molta arguzia lo custodisce: non fa pesare i bisogni sempre crescenti. Attiva modalità di gestione caute e lui approva e la segue. Non fa mancare al personale il suo dolce domenicale per far segno di festa anche con Biagio.
Arrivano gli ultimi mesi e le ultime settimane. Lasciamo a loro la finestra di una assistenza più ravvicinata. Volevano esser presenti al suo ultimo momento. Dal tracollo si riprende. Le invitiamo a “non stressarsi”: capiscono e chiedono di esser allertate in ogni momento. Il lumicino di Biagio sta per spegnersi: arrivano e con il contatto e la carezza di ciascuna se ne va. Gli occhi non vogliono chiudersi. Loro consolate da questo personale e ravvicinato trapasso. Per Biagio quegli occhi aperti restavano a dire una GRATITUDINE profonda per un saluto che non allontana ma entra dentro in chi resta.
E’ stato vestito in una grande uniforme da ufficiale, a sigillare una reciprocità familiare!
Ripercorrendo questi episodi: delle lacrime, del sorriso, della gratitudine mi è sembrato di contestualizzare cosa e come si vive nelle nostre RSA. Come, di fronte a molteplici tipi umani possono sorgere alleanze. Alleanze tra i familiari e la “comunità dei curanti “: le persone vengono accompagnate, attraversando la fragilità, riscoprendo quanto la cura sia vicinissima alla reciprocità.
Accompagnare al fine vita negli ultimi giorni non è pensare che sia solo una questione di soluzioni palliative.
Luciano Sguotti – Parrocchia Sant’Antonio Dottore Arcella di Padova