La Corte costituzionale sui figli di coppie lesbiche. Gambino: “Si rischia di privilegiare l’intenzionalità a discapito della tutela del nato”
La Corte costituzionale “legalizza” il riconoscimento alla nascita di entrambe le mamme per i figli delle coppie lesbiche, ma definisce non “irragionevole” il divieto di inseminazione artificiale per le donne single. Il parere del giurista Alberto Gambino
Da AgenSir – Giovanna Pasqualin Traversa
Con la sentenza n.68 del 2025 la Corte costituzionale “legalizza” il riconoscimento alla nascita di entrambe le mamme per i figli delle coppie lesbiche, che così avranno subito due madri. Con una seconda sentenza, la n.69 del 2025, la Consulta stabilisce invece che non è “irragionevole” il divieto di inseminazione artificiale per le donne single. Abbiamo raccolto il parere di Alberto Gambino, presidente del Centro Studi Scienza&Vita della Conferenza episcopale italiana e professore di diritto privato all’Università europea di Roma.

Foto Calvarese/SIR
Le madri lesbiche. Con la sentenza n.68, esordisce Gambino, “si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge n. 40 del 2004: il mancato riconoscimento al nato in Italia dello stato di figlio di entrambe le donne che abbiano fatto ricorso a tecniche di Pma praticate legittimamente all’estero costituirebbe lesione dell’identità personale del nato, risultando irragionevole l’attuale disciplina in assenza di un controinteressato”. La Corte, prosegue il presidente del Centro Studi Scienza&Vita, “afferma che l’interesse del minore, ‘per quanto centrale’, non è un interesse ‘tiranno’, che ‘debba sempre e comunque prevalere’; inoltre neanche si porrebbe il problema di bilanciamento, ‘in quanto non è ravvisabile alcun controinteresse di peso tale da richiedere e giustificare una compressione del diritto del minore a vedersi riconosciuto il proprio stato di figlio della madre intenzionale automaticamente sin dal momento della nascita’”.
Dinnanzi a tali affermazioni, osserva il giurista, si rende “evidente l’estrema complessità della tematica che riguarda l’uso della tecnologia nell’ambito della procreazione umana. Anche al di là del caso singolo,
il rischio è la lesione della dignità del nascere umano e la reificazione del bambino, divenuto il mero prodotto di un progetto:
il suo interesse non è poi così importante, non è poi così ‘tiranno’, rispetto alla volontà che si manifesta nel ‘progetto’ di genitorialità all’estero”. Il dubbio che lascia la questione, argomenta Gambino, “è in parte relativo a quello che potremmo definire ‘il soggetto assente’, il donatore maschile:
è possibile parlare di ‘identità personale’ escludendo del tutto il dato biologico a favore della volontà?
È possibile parlare di assenza di un ‘controinteresse’ nel bilanciamento operato dal Legislatore?”. D’altra parte, sottolinea il presidente del Centro Studi Scienza&Vita, “si rende evidente tutta la complessità della tematica, che tocca il nascere delle relazioni umane”. Il rischio, avverte, “è quello di spingersi nel terreno della mera artificialità e della intenzionalità a discapito della tutela del nato, il soggetto non “tiranno” ma semplicemente più debole.
Si sarebbe potuto scegliere – conclude – una linea prudenziale, rispettando la discrezionalità del Legislatore in una materia estremamente delicata”. continua a leggere