Di chi è la maternità della pace a Gaza?
Mentre tutti plaudono agli accordi per la Striscia di Gaza, non va dimenticata l’importanza delle manifestazioni proPal di queste settimane, così come quelle dei familiari degli ostaggi, e quelle poco conosciute dei palestinesi stessi. La pressione popolare esiste ancora, la partecipazione dei singoli ha il suo grande peso e ha sicuramente influito sulla tregua tra Palestina e Israele
Da Città Nuova online – Michele Zanzucchi
Ci sono voluti 67 mila morti e 165 mila feriti in campo palestinese e circa duemila morti in campo israeliano per riuscire, dopo due anni, a far cessare il rombo delle armi, a firmare un primo accordo per il cessate il fuoco e, si spera, a realizzare la pace nella Striscia di Gaza, in Palestina e più generalmente in Medio Oriente. Non siamo, tuttavia, ancora alla pace, che potrà essere dichiarata solo tra qualche tempo, qualora venissero superati i grandi ostacoli che ancora si frappongono soprattutto sull’autonomia di Gaza, sulla sua governance e sulla ricostruzione, oltre che ovviamente sull’insieme delle relazioni tra israeliani e palestinesi.
La dichiarazione di Trump, che sembra (il condizionale è d’obbligo) aver raggiunto un primo obiettivo in campo internazionale, è solo un primo passo. I prossimi mesi diranno se l’accordo funziona e quanto esso influirà sugli equilibri della regione.
Una questione resta aperta nel cercare di capire in che modo si sia potuti giungere agli accordi, e quali siano stati i fattori decisivi. Certamente le componenti militari e politiche sul terreno hanno avuto il loro peso, così come la pressione dell’amministrazione Trump sul governo israeliano, pur con le sue mosse spregiudicate e imbarazzanti (per lui), quali l’annuncio della Riviera di Gaza o l’intenzione di espellere due milioni di gazawi dalla loro terra. Certo è che la tregua è il primo risultato e dovrà essere seguita dallo stop dei bombardamenti e dal rilascio degli ostaggi, ma la pace andrà comunque conquistata.
Un elemento poco evidenziato in queste ore convulse – anche se qualche dichiarazione lo lasciava intendere, sia negli ambienti della Casa Bianca che in quelli governativi israeliani – è il peso che hanno avuto le manifestazioni popolari sull’accordo. Da una parte bisogna riconoscere che le manifestazioni dei familiari degli ostaggi palestinesi e dei loro sostenitori, che si susseguono da due anni, riempiendo le piazze di Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa, sono state una spina nel fianco del governo Netanyahu e ne hanno fiaccato la resistenza. Non va mai dimenticato che la società civile israeliana è una delle più forti e meglio organizzate al mondo. continua a leggere