DARE TO CARE – RAGAZZI GIOVANI ADULTI INSIEME

Esperienza di condivisione dei Ragazzi per l’Unità insieme ad adulti con giovani immigrati africani

Casa San Raffele, struttura nata per accogliere e riabilitare centinaia di migranti che hanno smarrito la strada, ha vissuto qualche settimana fa un’esperienza di condivisione con un certo numero di ragazzi veneti. Incuriositi per questo singolare evento, abbiamo intervistato Francesco, un animatore dei Ragazzi per l’Unità (RPU).

Un evento del genere non nasce all’improvviso. Di solito è il frutto di un percorso. Per voi com’è stato?

Tutto è cominciato un giorno in cui tre adulti ci hanno chiesto di incontrare noi animatori di RPU di Treviso e Venezia. Ci hanno raccontato del loro corso sulla “Laudato Si” di papa Francesco e si sono offerti di mettere a servizio delle attività dei ragazzi le loro conoscenze. Hanno anche ipotizzato di vivere qualche esperienza, insieme giovani e adulti, come avvenuto in luglio (22 giugno). Allora avevamo incentrato i due giorni del “mini cantiere” proprio su iniziative ecologiche alla luce dell’ECOLOGIA INTEGRALE. Quest’ultima si inserisce benissimo, poi, nell’ambito del progetto “daretocare”, osare prendersi cura, lanciato dai giovani  a giugno. Così è nato un bello scambio su come e se lavorare insieme nell’ottica del prendersi cura del pezzetto di società in cui tutti viviamo adulti, giovani e ragazzi.

Dal “come e se lavorare” avete poi concretizzato l’evento. Come sono andate avanti le cose?

Abbiamo incontrato i ragazzi che aderiscono a  Rpu e quei giovani più grandi (dai 19 anni in su), che in questi anni ci aiutano a sostenere ed animare le attività Rpu. Abbiamo raccontato loro dell’incontro con gli adulti e chiesto cosa avrebbero voluto fare. Oltre a tante riflessioni sulle quali sarebbe bello soffermarsi, da alcuni di loro è emerso il desiderio di fare un’esperienza di condivisione e servizio con i ragazzi stranieri rifugiati.

Come siete arrivati alla Casa San Raffaele?

Antonella e Chiara hanno subito preso contatti con il prof. Alberto Albertini che gestisce a Mira (VE) la Casa San Raffaele della Caritas Veneziana. Lì vivono alcuni giovani rifugiati prevalentemente provenienti dal continente africano. E’ nata così l’idea di fare un’esperienza insieme, un sabato pomeriggio, con piccoli lavori concreti  e scambiarci esperienze. Abbiamo allora colto l’occasione di sperimentare questa opportunità di scambio e di servizio…e abbiamo osato farlo insieme, giovani e adulti.

In questo periodo tutti cercano di porre attenzioni di tutti i tipi per evitare i contagi da coronavirus. Questo vostro trovarsi insieme come l’avete gestito?

Il tempo ci è stato favorevole con un pomeriggio di sole, così abbiamo potuto svolgere tutte le attività fino alla cena nel chiostro all’aperto della parrocchia di Borbiago. Tutti indossavano mascherine, gel igienizzante a disposizione e distanziamento come da normativa.

Cosa ti è rimasto di questa esperienza?

Più che dire la mia impressione, ho raccolto tra i protagonisti quanto hanno vissuto. Da Venezia ci scrivono:

Ieri, durante la nostra attività con i ragazzi della Casa San Raffaele di Mira è nata una bella sinergia tra tutti: i nostri ragazzi per l’unità, gen3-gen2 del veneziano e trevigiano hanno donato la “Regola d’oro”, condiviso l’Ideale dell’unità e della pace nel mondo. Danny, un ragazzo immigrato della Casa San Raffaele ha raccontato la sua storia: una  lezione di vita per tutti noi. A conclusione delle attività e delle condivisioni Alberto, il responsabile di casa San Raffaele, ci ha invitato a casa loro a Natale e all’ultimo dell’anno.

Pure don Carlo, il parroco del santuario, che ha messo a nostra disposizione il chiostro benedettino, ci è sembrato molto contento. Ecco, con questa prima e “timida” iniziativa di “osare di prendersi cura” sono nati dei bei rapporti nuovi in un clima di festa, un piccolo tassello di mondo unito.”

Da Treviso abbiamo questo riscontro di un adulto:

“Sono molto contenta di essere stata con voi e con i ragazzi ieri pomeriggio e sera. Emmaus nel CH ha lanciato un appello: “a mettersi insieme, tutti quelli che ci stanno” a vivere per la fraternità universale… Beh, mi sembra che ieri sia stato così. Sarebbe bello poter continuare *INSIEME* anche ad altri del Movimento dei Focolari su questa scia del *daretocare* e che i ragazzi ci aiutassero ad andare là dove c’è da osare nel prendersi cura. È una scuola di vita x loro e x tutti noi… Grazissime ancora.”

Il papà di un ragazzo che partecipato per la prima volta:

“…sembra un piccolo miracolo… mio figlio stava vivendo da tempo un periodo difficile e si era chiuso in se stesso, oltre che in casa. Da quando ha conosciuto i ragazzi per l’unità, piano piano è completamente cambiato… ieri sera quando è tornato ha detto: L’unica cosa che mi dispiace è non averli conosciuti prima”.

Quanto ci ha comunicato questo papà ci ha veramente commosso e fatto capire che, ancora una volta, i giovani hanno “sete”….