Disabilità: “passare da welfare di protezione a quello di inclusione”

Da AgenSir

“Si sono fatti grandi progressi verso le persone con disabilità in ambito medico e assistenziale, ma ancora si constata la cultura dello scarto”. Lo ha detto suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio Cei per la Pastorale delle persone con disabilità, intervenendo oggi pomeriggio al convegno online “Coltivare la vita in ogni età e per ogni persona”, organizzato dalla Fondazione Zancan. “Stiamo terminando un lavoro di mappatura di 200 diocesi sulla cultura dello scarto, coinvolgendo coppie di sposi con disabilità, genitori con figli con disabilità o che li adottano – ha riferito –. L’attenzione è stata rivolta al tempo libero delle persone con disabilità. Nelle nostre proposte entrano con le loro, anche per quanto riguarda gli oratori”.
Poi, l’attenzione al lavoro. “La risposta grande è fare rete, l’unica che possiamo dare, dalla ristorazione all’agricoltura. L’autonomia si crea dando possibilità di lavoro”. Nelle parole della religiosa, una carrellata sulle realtà “mappate” nelle diocesi: dal servizio operato da persone con disabilità che hanno portato cibo a casa agli anziani, durante il lockdown, alla Casa della gioia in una parrocchia di Roma, dove vivono insieme, fino all’impegno di una comunità ecclesiale di Siracusa, guidata da don Matteo, parroco cieco. “Occorre dedicare attenzione ai luoghi, riorganizzare e ripensare i sostegni adeguati in una visione olistica della persona con disabilità e non solo socio-assistenziale – ha osservato suor Donatello –. Sono state fornite risposte varie in Italia ma c’è desiderio di rispondere. Nasce da una corresponsabilità che vive dentro il territorio. La maggior parte di questi luoghi non è ‘separata da’, ma ‘dentro’. C’è una responsabilità della comunità. L’altro vive dentro la comunità. Questo si è realizzato perché si è ascoltato cosa desiderano le persone con disabilità e per la rete con le istituzioni”. Infine, un auspicio: “Occorre uscire dalla ‘pastorale della delega’, cioè ‘ci devono pensare gli altri’, per metterci in rete e creare luoghi dove esiste il noi”.