ELEZIONI: LIBERIAMOCI DALLE TOSSINE PRODOTTE DAI CONFLITTI

Fare politica significa non solo cercare di realizzare i progetti propri, ma anche creare le condizioni perché l’avversario tiri fuori, dei suoi, quelli migliori.

Riflessione di Antonio Maria Baggio

Queste elezioni mi hanno fatto pensare a quanto sia stato importante, nel corso della mia formazione umana e politica, l’incontro – anche conflittuale – con le differenze.

C’è stato un periodo, da giovane, in cui avevo abbracciato con tutto me stesso un’ideologia basata sulla radicalizzazione dei conflitti: la realtà era fatta esclusivamente da amici e nemici, l’umanità era divisa in due, tra il bene e il male.

L’ideologia si era impadronita della mia testa, ma mi aveva spaccato il cuore: dividere in due l’umanità mi aveva diviso “dentro”. Me ne accorsi, e ne uscii. Con fatica, col tempo, con la Grazia dell’amore ricevuto da Dio e dalle persone.
Fu allora, dopo l’ideologia, che cominciai veramente a pensare e ad agire politicamente: l’ideologia decide in anticipo chi è buono e chi è cattivo, non riconosci più il bene e il male presenti nella realtà delle persone e dei progetti.
Sono cresciuto, poi, alla scuola di Chiara Lubich. Negli ultimi anni della sua vita pubblica, nel lavoro per sviluppare il Movimento politico per l’unità da lei fondato, l’ho vista incontrare personalità politiche appartenenti a tanti diversi schieramenti e culture politiche. In tutte riusciva a vedere il bene, l’ideale che dal profondo muoveva le persone, anche quando era ricoperto dagli errori commessi dalle persone, che sapeva riconoscere e che non condivideva. Posso testimoniare anche che ci sono politici che non ha mai voluto incontrare: non per la loro posizione politica, bensì per l’animo che coglieva in loro.
L’Italia non è divisa in due, quanto alle persone. Lo strumento elettorale ha necessità di stabilire una differenza netta, per poter creare un governo che decide e una opposizione che controlla. Ma non dobbiamo farci dominare dagli strumenti: il potere è uno strumento, la vita buona vissuta insieme è il fine della politica. Dobbiamo liberarci – personalmente e politicamente – dalle tossine prodotte non dai nostri ideali, ma dai conflitti legati all’esercizio della nostra libertà.
La Destra, in Italia, ha una storia lunga e complessa, come ce l’ha la Sinistra; tutti abbiamo alle spalle eventi atroci, anche la Chiesa. La cultura della “Destra” non è monolitica, al suo interno vi sono culture diverse portatrici di diverse possibilità. Quali di esse si svilupperanno e diventeranno progetti oggi che, attraverso “Fratelli d’Italia”, partecipa in posizione preminente al governo?
Io credo che questo non dipenda solo dal partito “Fratelli d’Italia”, dalle persone che lo dirigono e dai suoi alleati, ma anche dal modo in cui tutti gli altri – cittadini e partiti – decidono di vederlo, di sostenerlo o di contrastarlo.
L’errore più frequente e dannoso è paragonare la realtà degli avversari (sempre manchevole e piena di errori) non alla nostra realtà (anch’essa, inevitabilmente, manchevole), ma alla perfezione del nostro ideale e dei nostri santi. In questo modo trasformeremmo l’avversario in nemico. E perderemmo tutti.
Fare politica significa non solo cercare di realizzare i progetti propri, ma anche creare le condizioni perché l’avversario tiri fuori, dei suoi, quelli migliori.