Giornalismo. La guerra non è finita, continuiamo a tenere i riflettori accesi sull’Ucraina

 

La guerra che si combatte nel cuore dell’Europa è pressoché scomparsa dalle prime pagine dei quotidiani e relegata in quelle interne. Così come nei grandi tg nazionali occupa talvolta il quarto o quinto titolo di lancio. E spesso neppure quello. Scelte analoghe fanno le radio nazionali. Per non parlare dei social, quasi indifferenti al conflitto. La crisi del governo Draghi, le elezioni anticipate a settembre e l’orribile scia di una cronaca nera senza precedenti hanno preso il sopravvento e conquistato spazio nei titoli principali

Da Age4nSir 2 Agosto 2022  Domenico Delle Foglie

Giorno dopo giorno, inesorabilmente, la guerra in Ucraina perde il suo appeal mediatico. Sembra quasi che l’emozione e l’angoscia della prima ora, quel terrificante 24 febbraio di quest’anno in cui cominciarono i bombardamenti russi sulle città ucraine e i tank di Putin conquistarono terreno per “denazificare” l’ex alleato fraterno, stiano lasciando spazio ad un lento e inesorabile oblio.

La guerra che si combatte nel cuore dell’Europa è pressoché scomparsa dalle prime pagine dei quotidiani e relegata in quelle interne. Così come nei grandi tg nazionali occupa talvolta il quarto o quinto titolo di lancio. E spesso neppure quello. Scelte analoghe fanno le radio nazionali. Per non parlare dei social, quasi indifferenti al conflitto.

La crisi del governo Draghi, le elezioni anticipate a settembre e l’orribile scia di una cronaca nera senza precedenti hanno preso il sopravvento e conquistato spazio nei titoli principali. Con un sincronismo che la dice lunga sull’omologazione progressiva della grande informazione. La stessa che, soprattutto nei primi cento giorni di guerra, ha meritevolmente investito enormi risorse informative, per poi ritrarsi gradualmente nel recinto della politica, dell’economia e della cronaca nera più truculenta.

Per carità, nessuna intenzione di fare la morale o dare lezioni, ma le cose stanno così e ciò che davvero è importante è non dimenticare di tenere i riflettori accesi sull’Ucraina e sulle sue sofferenze. […]

Perché, dunque, insistere, su questi dati? Perché la guerra non è finita, la pace è lontanissima e le trattative diplomatiche sono in totale stallo. E certamente non conforta l’ennesima posizione di forza espressa da Putin quando ha fatto trapelare di essere disposto ad “una soluzione negoziale, ma alle condizioni di Mosca”. Il che è come infilare un dito negli occhi di Zelensky e di tutti i suoi alleati occidentali, Italia compresa.

Eppure, proprio per tutte queste ragioni, fa bene Papa Francesco a non perdere occasione per ricordare al mondo intero l’orrore di questa guerra, così come la necessità di costruire la pace. E lo fa mentre i “potenti” del mondo restano silenti e forse lasciano che le parti in campo consumino tutto il loro potenziale bellico. E pazienza se con le armi si bruciano migliaia, decine di migliaia di vite; se con la violenza cieca si distruggono intere aree del Paese aggredito; se non si riescono a costruire neppure canali sotterranei di dialogo. […]razie, dunque, a quanti non dimenticano Kiev e le sofferenze del suo popolo. Che non smettono di informare, non solo rendendo onore al proprio difficile mestiere, ma offrendo a tutti noi la possibilità di continuare ad avere gli occhi aperti e la coscienza avvertita sul dramma di una guerra nel nostro Continente. Cioè sulla morte e sulla vita fra gli stenti di tanti europei. Forse cristiani, sicuramente nostre sorelle e nostri fratelli.

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