S.B. Shevchuk: “Dalla verità che state raccontando, dipendono vite umane. La menzogna uccide. La verità salva”

Incontro questa mattina con la redazione del Sir a Roma di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina. Un colloquio a tutto campo, dal primo attacco russo sulla città di Kiev, ai cadaveri nelle fosse comuni, ai negoziati di pace, al ruolo dell’Europa. Poi un appello ai giornalisti: “La prima vittima della guerra è la verità. Una grande guerra è sempre purtroppo legata ad una grande bugia”. “Dalla verità che state raccontando, dipendono vite umane. La menzogna uccide. La verità salva”. “Non cedete alle manipolazioni ideologiche”.

Da AgenSir 10 Novembre 2022  M. Chiara Biagioni

“La prima vittima della guerra è la verità. Una grande guerra è sempre purtroppo legata ad una grande bugia”. “Dalla verità che state raccontando, dipendono vite umane. La menzogna uccide. La verità salva. Questo, lo posso testimoniare”. Lo ha detto S.B. Sviatoslav Schevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, che in questi giorni a Roma è venuto al Sir per incontrare la redazione. L’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina ha voluto ringraziare i giornalisti per la “serietà e oggettività”. Poi ha lanciato un’esortazione: “non cedete alle manipolazioni ideologiche. C’è tanta ideologia attorno a quello che stiamo vivendo in Ucraina. Una de-informazione pagata e ben attrezzata. Non tutti riescono a prendere sul serio quello che sta succedendo con un’analisi seria. Il giornalismo di oggi è un giornalismo superficiale che non si preoccupa di entrare nella profondità della realtà e delle situazioni. Si ripetono le frasi per sentito dire o per rispondere al sentimento comune. Scendete in profondità. Sono pochi coloro che sono capaci di farlo. Con lacrime agli occhi vi ringrazio”.

Sua Beatitudine ha quindi ripercorso questi lunghi mesi di aggressione russa su vasta scala cominciata il 24 febbraio scorso. “Il fronte si è fermato a 20 chilometri dalla mia casa”, ha raccontato. “Vedere le bombe e i missili cadere e gli elicotteri volare sul nostro cielo era quasi come Geremia che vedeva la distruzione di Gerusalemme e piangeva. Ero nella lista di quelli che dovevano essere fucilati. Sono vivo per un miracolo”. Quando poi i russi hanno cominciato a ritirarsi da Kiev, la città e soprattutto le periferie erano piene di cadaveri e distruzione. “Quando sono andato a visitare una delle fosse comuni ritrovate – ricorda l’arcivescovo – mi sono avvicinato alla sua soglia e ho visto i volti di quelle persone, le mani legate, i segni delle torture. Ho cominciato a pregare. Ad un certo momento sento che la terra sotto di me non è stabile. Allora capisco che anche sotto i miei piedi erano sepolti altri cadaveri. Dentro una domanda: Signore, perché io sono vivo e loro sono morti? Incontrando in questi giorni il Santo Padre e i responsabili di vari uffici della curia romana, dico sempre: meglio un cane vivo, che un leone morto.  continua a leggere