Terremoto in Turchia e Siria: Bertogli (Antakya), “La priorità adesso è sopravvivere”

Dopo il sisma del 6 febbraio i frati cappuccini di Antakya e di Mersin hanno aperto ai terremotati fornendo loro letti e cibo. La testimonianza di padre Bertogli, per 35 anni parroco di Antakya: “In queste ore ognuno cerca di dare una mano agli altri, senza badare a etnia e religione. Siamo, infatti, tutti uomini e donne che soffrono la stessa sorte”.

“La priorità adesso è sopravvivere, al resto si penserà dopo. È una situazione apocalittica”: padre Domenico Bertogli, cappuccino modenese di 86 anni, parla da Istanbul della sua Antakya, l’antica Antiochia sull’Oronte, dove, secondo gli Atti degli Apostoli, i seguaci di Gesù furono chiamati per la prima volta ‘cristiani’. Padre Domenico è stato per 35 anni parroco della piccola comunità cattolica locale e da subito dopo il sisma del 6 febbraio è in contatto, “non sempre possibile”, con padre Francis, suo confratello e attuale parroco della chiesa cattolica dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Antakya è situata nella provincia turca sud-occidentale dell’Hatay, a meno di 200 chilometri da Gaziantep, una tra le città più colpite dal terremoto. Come Antakya. Il bilancio fornito dalle autorità turche vede almeno 12.391 morti e 63mila feriti. E le cifre sono in continuo aggiornamento.

(Foto Caritas Anatolia)

Lotta contro il tempo. “Sotto le macerie ci sono tantissime persone – racconta al Sir -. Si lotta contro il tempo per salvare più vite umane possibile. La città, che conta almeno 200mila abitanti, è stata quasi del tutto cancellata dal terremoto, specie la parte vecchia. Ma non è l’unica perché analoga situazione si sta vedendo, man mano che passano le ore, anche in altri centri delle 10 province turche terremotate. Si stima – dice il cappuccino riferendo notizie dei media locali – che almeno 13,2 milioni di turchi siano stati in qualche modo colpiti dal sisma del 6 febbraio. Tuttavia la situazione peggiore è nel nord della Siria dove le abitazioni erano già indebolite dalla guerra”. Il colloquio con padre Domenico è anche una lunga serie di danni: “gli edifici sono tutti lesionati, le chiese ortodossa e protestante e le moschee sono crollate. Anche il minareto bellissimo del ‘600, che era proprio davanti alla nostra chiesa non esiste più. La chiesa cattolica locale è lesionata così come altre nostre case che pure erano state ristrutturate. Ma non conosciamo la vera entità dei danni e della tragedia. Ho saputo che la Prefettura della città è crollata e da Ankara hanno dovuto nominare un nuovo prefetto perché del vecchio non si hanno più notizie”. Anche perché, ammette, “le comunicazioni sono difficili”. continua a leggere